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ASTROLOGICO
Astrologia e Giordano Bruno
Ti sei mai chiestə cosa può insegnarci l'Astrologia?
Giordano Bruno, filosofo e visionario del Rinascimento, si pose questa domanda secoli fa, aprendo nuovi orizzonti di pensiero. Per lui, l'Universo Infinito non era solo un'idea filosofica, ma una realtà viva e pulsante, in cui tutto – dalle galassie più lontane ai nostri pensieri più intimi – faceva parte di un unico, grande disegno. Osservare il cielo, secondo Bruno, non significava solo contemplarlo, ma riconoscere i legami profondi con il mondo e con gli altri, scoprendo al contempo il nostro percorso esistenziale.
Se ti sei mai chiestə perché nel 1600 Bruno fu condannato al rogo, ecco una delle ragioni: non solo affermava che la Terra non fosse al centro dell'Universo, ma era convinto che esistessero infiniti mondi abitati e altrettanti grandi animali ed eccellentissimi numi. La sua visione dell'Universo come Infinito rompeva con ogni dogma, aprendo una nuova prospettiva anche per la Magia e l'Astrologia. Fino a Bruno, infatti, esse si muovevano in un universo chiuso e finito che con lui diventa un mondo aperto e sconfinato. E anche se i principi restano gli stessi – i valori dei pianeti, le influenze astrali – la prospettiva, invece, cambia radicalmente, invitandoci a connetterci con l'Infinito.
Ogni pensiero è potenzialmente magico
Bruno ci invita a riconoscere che, se riusciamo a cogliere l'idea di Infinito, anche ogni nostra idea – o meglio, ogni nostra Intuizione – può divenire magica, guidandoci verso la scoperta e la creazione di qualcosa di nuovo e unico. La chiave? Lavorare con due facoltà fondamentali: l’Immaginazione e la Fantasia. Sebbene siano facoltà distinte – la prima legata alla creazione di idee, la seconda al loro potenziamento emotivo – insieme ci portano oltre le apparenze e a connetterci a una realtà più grande, dove i "segni" dell'Universo (le sincronicità, i dettagli, le coincidenze) diventano chiavi di comprensione.
Ma come possiamo applicare tutto questo nella quotidianità?
Applicare tutto questo nella vita quotidiana non significa seguire una formula, ma lasciarsi coinvolgere in un lento mutamento dello sguardo — un esercizio interiore tutt’altro che semplice, soprattutto in una società che premia la fretta e l’apparenza.
Eppure, come nel Mito di Atteone riletto da Bruno, chi osa avvicinarsi all’essenza nuda delle cose va incontro a uno sconvolgimento silenzioso, che mette in discussione la propria stessa postura nel mondo.
Atteone, un personaggio della mitologia greca, osò contemplare Artemide, dea della caccia, in tutta la sua purezza. Nella visione di Bruno, Atteone rappresenta chi cerca la bellezza erotica di Artemide. Ma questo contatto non avviene senza conseguenze: Atteone viene trasformato in un cervo e sbranato dai suoi stessi 50 cani, resi furiosi da Artemide.
non avere paura del
cambiamento
Per Bruno, questo macabro mito è in realtà un Inno alla Vita: la trasformazione di Atteone da cacciatore a preda simboleggia lo sciogliersi dell’uomo nella Natura - il superamento della divisione tra mondo Razionale e mondo Naturale. L’uomo è libero solo quando si fonde con la Natura, che è essa stessa divina. La ricerca della Verità e della consapevolezza richiede coraggio e slanci eroici. L’incontro con il Sacro – l’Infinito – ci trasforma profondamente, perché è un atto d’Amore per la Vita.
La lezione del Mito di Atteone:
Lasciati
Trasformare
La ricerca dell’Infinito – che si manifesti attraverso l’Astrologia o qualsiasi altra via capace di sfiorare quella zona viva e inattingibile che abita in noi – non irrompe, agisce come una corrente sotterranea: disordina certezze, riallinea le domande, cambia la qualità del nostro sguardo. Bruno ci invita a non opporre resistenza a questo movimento, ma a viverlo come parte di un processo necessario, che non ci allontana da noi o da quello che viviamo, ma ci conduce - al contrario - verso quel nucleo invisibile attorno a cui ruotano i nostri mondi.
La bottiglia, l'orsetto e il segno zodiacale
Perché crediamo nei simboli, anche quando non possiamo dimostrarli?
E cosa significa parlare di archetipi in astrologia, senza scivolare nel dogmatismo o nella semplificazione?
In questo articolo provo a intrecciare alcune riflessioni nate dal mio percorso filosofico con la pratica astrologica, per mostrare come certi linguaggi — pur non avendo pretese di verità assoluta — sappiano toccare e plasmare profondamente la realtà.
Il “come se”
Sigmund Freud, nella sua riflessione sulle dottrine religiose, mette in evidenza due strategie con cui l’essere umano tende a rapportarsi a ciò che non può dimostrare.
Una è l’adesione interiore assoluta: il Credo quia absurdum dei Padri della Chiesa, una fede totale che supera il bisogno di comprensione razionale. Ma, si chiede Freud, cosa significa quell’esperienza per chi non la condivide? E che valore ha, se non può essere comunicata o verificata?Non è una questione che si possa risolvere con facilità — e forse non va neppure risolta. Ma resta lì, come sfondo silenzioso, ogni volta che ci chiediamo perché certe immagini riescano a parlarci anche senza argomentare.
La seconda strategia è più sottile, e ci riguarda da vicino: è quella della filosofia del “come se”. Sappiamo benissimo che un film è finzione, eppure ci emoziona. Sappiamo che un mito non è un fatto storico, eppure ci parla.
Freud osserva che molti contenuti simbolici vengono “vissuti come se fossero veri”, anche se sappiamo che non lo sono letteralmente.
E chi meglio dei bambini incarna questa modalità?
Quando giocano, un ramo diventa una spada, una scatola una casa, una voce un personaggio. Non stanno fingendo: stanno vivendo nel “come se”, che è una forma attiva e potente di verità vissuta. Non hanno bisogno di credere che sia vero per agire come se lo fosse.
Archetipi: immagini collettive,
esperienze interiori
Carl Gustav Jung amplia questa riflessione parlando di inconscio collettivo: uno strato della psiche che non deriva dall’esperienza personale, ma è comune a tutta l’umanità.
Gli archetipi sono le forme primarie che emergono da questo strato: immagini ricorrenti, simboli profondi, figure mitiche che ci accompagnano da sempre, e che si manifestano attraverso sogni, racconti, riti, religioni.
Jung scrive che queste immagini non sono invenzioni culturali, ma “correnti” che trovano espressione nel credo e nel rituale, nella narrazione e nella visione.
Prima dei dogmi, prima della teologia, ci sono figure che curano, proteggono, ordinano l’esperienza interiore.
A questo punto, ci aiuta una riflessione di Elémire Zolla, che ci mette in guardia dal confondere il simbolo con il dogma.
E scrive:
«Mai un’idea o una fede è circoscritta dai significanti: uguali professioni di fede in unico dogma celano esperienze opposte; un’identica esperienza interiore si può trovare espressa in dogmi opposti.»
In altre parole: non è la forma esterna a contenere il significato, ma l’esperienza che la abita.
Un simbolo può essere potente anche se espresso in modi molto diversi — ciò che conta è la risonanza che genera.
Astrologia come linguaggio archetipico
Quando ho iniziato a studiare astrologia, mi sono chiesta molte volte in che senso questi simboli potessero “parlare” — e a chi.
Non credo che l’archetipo del Sole sia qualcosa di “reale” come un oggetto, ma è reale come struttura dell’esperienza. È qualcosa che si riconosce, non che si misura. Quando lavoro con una persona e mi accorgo che quel simbolo si intreccia con la sua storia, con ciò che prova, con ciò che cerca… allora quel simbolo non è più solo un codice: è una forma viva di comprensione; (ci tengo a precisare, però, che non tutti risuonano con tutti gli archetipi, l’esperienza simbolica è situata, e proprio per questo va maneggiata con rispetto e misura, come un linguaggio antico che si riattiva solo quando trova l’ascolto giusto).
È in questo orizzonte che si colloca l’astrologia: non come sistema di credenze da accettare, ma come un linguaggio che può attivare un’esperienza interiore. Pensiamo spesso che debba esserci un nesso diretto tra ciò che accade nel cielo e ciò che accade sulla Terra. Ma non è così che funziona: l’astrologia non è basata sulla causalità, ma sulla corrispondenza.
Ovvero: non è che Venere “genera” l’amore o la bellezza, ma quando Venere attraversa certi spazi del cerchio zodiacale, riconosciamo un certo clima emotivo, un modo ricorrente di vivere i legami, il piacere, la scelta. Allo stesso modo, non è che la Luna in Cancro ti rende sensibile: è che nasci in un momento in cui la sensibilità è centrale, visibile, narrabile. E quindi quella qualità diventa parte della tua storia — come un tema musicale in sottofondo che accompagna il tuo percorso.
Tutte queste non sono illusioni. Sono immagini condivise, frutto di secoli di associazioni, nate dal bisogno umano di raccontare l’esperienza.
Pensiamo a Giove: nella mitologia è il dio supremo, portatore di abbondanza e giustizia. È anche il pianeta più grande del sistema solare, e questo dato fisico ha rafforzato, nei secoli, l’associazione con l’espansione, la crescita, l’ordine.
Il suo simbolismo unisce elementi culturali, astronomici, mitologici. Non è una verità da credere: è un’immagine che ha preso forma collettivamente, e che oggi, in astrologia, ci parla di fiducia, visione ampia, ma anche di eccesso, di grandezza che a volte travolge.
Ma perché alcuni sono così refrattari a cogliere il senso di una corrispondenza simbolica?
Perché pensare in termini simbolici non ci è più familiare. Perché coltivare il pensiero divergente non è "ammesso" nella nostra società.
I bambini imparano presto, tra i banchi di scuola, la logica lineare: una causa produce un effetto, tutto dev’essere spiegabile, dimostrabile, misurabile.
Ma i simboli non si spiegano: si riconoscono. Funzionano quando risuonano, quando attivano in noi un’immagine, una memoria, un’intuizione.
E forse è anche per questo che ripensare la scuola — aprirla a forme di pensiero non solo logiche, ma anche simboliche, trasversali — è oggi così urgente. Perché affrontare la realtà — e soprattutto trasformarla — non può ridursi alla previsione lineare.
Servono immagini, risonanze, ascolto. L’astrologia si muove su quel piano: una grammatica ciclica, che non pretende di spiegare tutto, ma offre appigli per orientarsi. Non impone risposte definitive, ma propone connessioni. Non definisce, ma accompagna.
Proprio come accade nel gioco del bambino: nel momento in cui “fa finta”, ciò che immagina prende corpo, lo asseconda, lo trasforma. E allora forse, dire che l’astrologia “non ha senso” perché nessuno può essere descritto da un segno zodiacale, dal suo ascendente, dalla sua Luna - è un po’ come dire a un bambino che la bottiglia con cui sta giocando non è un orsetto, ma solo una bottiglia (come se non lo sapesse!).
Non è questione di fede, ma di attenzione
Lavorare con l’astrologia non significa aderire a una verità rivelata o a una struttura invisibile che determina tutto.
Piuttosto, significa accettare la possibilità che un certo linguaggio possa risuonare con quello che viviamo — e che, attraverso quella risonanza, si apra uno spazio di ascolto, lettura, orientamento.
Zolla ci ricorda che un’esperienza interiore può esprimersi attraverso forme dogmatiche molto diverse: è il vissuto che conta, non il contenitore.
E in astrologia, quel contenitore sono i segni, i pianeti, gli aspetti — ma ciò che ci attraversa è molto più vivo: è l’incontro tra immagine, tempo e coscienza.
Ripensandoci ora, mi torna alla mente il 2016 quando, durante un loading di Filosofia coi Bambini, incontrai Grazia Marchianò, compagna e curatrice dell’opera di Elémire Zolla. Per quell’occasione lessi proprio Archetipi, aure, verità segrete. Dioniso errante — il libro da cui ho tratto anche la citazione presente in questo articolo.
All’epoca mi sembrava un momento isolato, quasi sospeso. Oggi, scrivendo di astrologia attraverso quegli stessi riferimenti, mi accorgo di quanto la vita sappia intrecciare i fili con discrezione.
Il gioco simbolico è una delle prime forme di pensiero: non serve spiegare, si sente che funziona. Ma cosa c’entra tutto questo con l’astrologia? Provo a raccontartelo.